Fact-checking del revisionismo storico di Putin sull'Ucraina
Il presidente russo ha giustificato l'invasione con una serie di falsità storiche che mirano a negare il diritto dell'Ucraina a esistere e a far risorgere il mito della Russia zarista
“L'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dalla Russia bolscevica e comunista.”
Putin vuole negare il diritto dell’Ucraina a esistere come entità statuale indipendente, ridimensionandone la specificità nazionale. Attribuisce in particolare a Lenin l’errore storico di aver istituito l’Unione Sovietica nella forma di una federazione di repubbliche semi-autonome, che si proclamarono infine indipendenti dopo il crollo comunista nel 1991.
In realtà, non fu Lenin a creare l’Ucraina, anzi fu proprio il riconoscimento dell’esistenza di una questione nazionale ucraina a spingere i bolscevichi alla creazione di una distinta repubblica socialista. Il nazionalismo ucraino risale infatti almeno a un secolo prima dell'inizio dell’Unione Sovietica e gli elementi fondanti della storia ucraina si possono intravvedere già nel Medioevo. Quando l’Impero zarista fu abbattuto dalle rivoluzioni del 1917, gli ucraini proclamarono la nascita di un proprio Stato. La guerra civile fra i bianchi, sostenuti dalle potenze europee, e i rossi fu soprattutto combattuta sulle terre ucraine. Perciò, quando la guerra finì, i sovietici a Mosca avevano bisogno di pacificare il Paese attraverso una serie di concessioni.
Negli anni Trenta, i sentimenti nazionalisti vennero stroncati, ma rimasero latenti e si intensificarono con la tragedia dell’Holodomor, la carestia provocata dalle politiche agricole staliniste che uccise tra i tre e i cinque milioni di ucraini.
Durante la Seconda guerra mondiale, nelle regioni occidentali dell’Ucraina invase dalla Germania, i gruppi nazionalisti si sollevarono contro i russi combattendo al fianco dei nazisti. Dopo la fine del conflitto, i caratteri nazionali ucraini ebbero modo di svilupparsi pur negli angusti limiti del sistema sovietico, fino a emergere compiutamente con il referendum del 1991, quando oltre l’84% degli aventi diritto si recò alle urne scegliendo l’indipendenza nel 90% dei casi.
“Russi e ucraini sono un solo popolo. Kiev è la madre delle città russe. L'antica Rus' è la nostra fonte comune e non possiamo vivere l'uno senza l'altro”(discorso del 18 marzo 2014 sull’annessione della Crimea)
Per comprendere queste affermazioni di Putin è necessario risalire a più di mille anni fa. Tra il IX e il X secolo, un gruppo di mercanti di schiavi vichinghi originari della Svezia, i variaghi Rus’, furono chiamati dai principi slavi per risolvere una contesa di potere. Il loro capo, Rjurik, stabilì la capitale a Kiev, sede di un’importante rotta commerciale sul fiume Dnepr che univa la Scandinavia all’Impero bizantino.
L’antica Rus’ era un regno vasto, ma instabile, afflitto dalle lotte di successione e frammentato in numerosi principati. La decadenza del potere bizantino indebolì la Rus’ di Kiev, che così soccombette all’invasione mongola nel XIII secolo. Fu, in un certo senso, l’impero mongolo a porre le basi per la Russia moderna, scegliendo Mosca, fino ad allora una piccola città di scarsa importanza, come il principale centro di riscossione delle tasse nella regione.
La disintegrazione del potere mongolo separò i destini delle attuali Russia e Ucraina: nella prima emerse uno Stato moscovita, retto dai discendenti di Rjurik; la seconda fu inglobata dal Granducato di Lituania, che allora si estendeva dal Baltico al Mar Nero, compresa la città di Kiev. Nella penisola di Crimea, sopravvisse invece un residuo dell'Impero mongolo, il Khanato di Crimea.
Per circa quattrocento anni, la gran parte dei territori ucraini furono governati dalla Confederazione polacco-lituana, che vi impresse una profonda impronta culturale.
Kiev rimase una città dalle tendenze europee. La stessa popolazione slava ortodossa di queste terre sviluppò a poco a poco un’identità distinta da quella degli slavi rimasti sotto il dominio moscovita. Le guerre tra la Moscovia e la Polonia-Lituania portarono in dote agli zar Kiev e quasi tutta l’Ucraina, tranne la Galizia, che fu assegnata all’Austria asburgica.
Nel 1721 la Moscovia fu formalmente ribattezzata impero russo, nonostante l’antica Rus’ fosse ormai defunta da circa mezzo millennio. Nel 1795, con la spartizione finale della Polonia, Caterina II annunciò di aver ricostruito tutta la Rus’: la Grande Russia (la parte moscovita e settentrionale del dominio rjurikide), la Russia Bianca (la Bielorussia), e la Piccola Russia (l’Ucraina).
La storia che Putin racconta oggi coincide in buona sostanza con il mito zarista della Rus’ restaurata, che minimizza il lato asiatico della storia russa e moscovita, ignora il passato europeo dell’Ucraina e i settecento anni in cui Kiev preesistette alla Russia.
“L'Ucraina non è solo un paese vicino a noi. È parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale. Da tempo immemorabile, le persone che vivono nel sud-ovest di quella che storicamente è stata la terra russa si sono definite russi e cristiani ortodossi. Questo è avvenuto sia prima del XVII secolo, quando una parte di questo territorio si è riunita allo Stato russo, sia dopo.”
Nel 2016 Putin ha eretto accanto al Cremlino una statua di Vladimir il Grande, che considera il padre fondatore di tutte le Russie. Vladimir (Valdemar in norreno e Volodymyr in ucraino) è però anche ritenuto il padre fondatore dell'Ucraina: a Kiev c’è infatti una sua statua dal 1853. La figura del principe pagano di Novgorod e gran principe di Kiev è centrale nella storia della Rus’ perché nel 988 accettò la fede cristiana ortodossa e fu battezzato a Chersoneso, in Crimea.
Nei secoli successivi, tuttavia, Russia e Ucraina furono segnate da divisioni religiose. Dalla metà del XV secolo sino alla fine del XVII, le Chiese di Mosca e Kiev furono entità separate. Nell’Ucraina retta dalla nobiltà terriera polacca, che parlava una lingua diversa e praticava la religione cattolica, la religione fu uno dei fattori, insieme all’oppressione economica, che indusse i contadini ucraini, di fede ortodossa, a formare schiere ribelli di guerrieri, i cosacchi.
I cosacchi sentivano un’affinità culturale verso la Russia moscovita, ma non avevano intenzione di lasciarvisi assimilare. Durante la grande rivolta contro i signori polacchi, tra il 1648 e il 1657, i cosacchi giurarono fedeltà allo zar (trattato di Perejaslav) e costituirono uno Stato autonomo, l’Etmanato. Nonostante la svolta per sganciarsi dall’influenza polacca ed entrare nell’orbita moscovita, i cosacchi esplorarono anche altre opzioni e provarono a farsi riconoscere l’autonomia all’interno della Confederazione polacco-lituana. Le trattative però fallirono, e tra i cosacchi cominciarono una serie di guerre civili tra filo-polacchi e filo-russi, in un’anticipazione del moderno conflitto nel Donbass.
Nel 1667 il controllo dei territori ad est di Kiev fu ceduto a Mosca. L’Etmanato cosacco si trasformò in un vassallo russo, nonostante le periodiche rivolte antizariste, come quella di Ivan Mazepa, che nel 1708 si alleò con la Svezia. Nel 1775 vennero liquidate le ultime istituzioni di autogoverno cosacco e seguì una dura politica di russificazione che vietò l’uso e lo studio della lingua ucraina e obbligò la popolazione alla conversione alla fede ortodossa russa.
Le affermazioni di Putin sulle comuni radici spirituali e culturali di Russia e Ucraina non trovano dunque riscontro nella lunga storia di divaricazioni religiose e di rivolte antirusse della popolazione ucraina.
“Russi e ucraini sono la stessa gente”, e l'identità nazionale ucraina è il risultato di interferenze straniere.
Quando Putin sostiene che russi e ucraini siano la stessa gente, non intende dire che i russi sono ucraini, ma intende sminuire gli ucraini dicendo che sono russi. Questa affermazione non solo è storicamente falsa, ma collide pure con l’insinuazione che un’identità nazionale ucraina si sia formata a causa di interferenze straniere. Se c’è una potenza straniera che ha interferito con la composizione etnica dei territori ucraini, quella è infatti proprio la Russia.
Le guerre con la Polonia ebbero come conseguenza la spartizione dell’Ucraina nella cosiddetta Riva sinistra, le terre a ovest del Dnepr, sotto controllo polacco, e nella Riva destra, a est, che nel 1793 fu formalmente annessa all’Impero russo. La divisione tra est e ovest del Paese è visibile anche nella geografia fisica del territorio, osserva Serhii Plokhii, direttore dell’Istituto di ricerca ucraino a Harvard: l’occidente e settentrione è boscoso, mentre l’oriente e meridione è attraversato da steppe e da fertili terreni agricoli.
La demarcazione tra steppe e foreste, tra riva destra e sinistra del Dnepr, corre con una precisa linea diagonale anche nella mappe politiche delle elezioni presidenziali del 2004 e del 2010, in cui i candidati filo-europei Yushenko e Timoshenko prevalsero a ovest, mentre il filo-russo Yanukovich conquistò le province dell’est.
La frattura è tuttavia anche il risultato delle politiche staliniste di ripopolamento in seguito all’Holodomor, che trasferirono nell’Ucraina orientale russi e altre popolazioni straniere che non parlavano ucraino e non avevano legami storici e affettivi con la regione.
Le prime differenze linguistiche tra ucraini e russi apparvero solo intorno al XVI secolo.
Putin ignora che una lingua ucraina aveva già iniziato a emergere negli ultimi giorni della Rus' di Kiev. Per secoli, a causa dell’incorporazione della Confederazione polacca-lituana, la lingua ucraina evolse inoltre in relativo isolamento dalla lingua russa. Le autorità imperiali russe, che consideravano la lingua una questione di sicurezza, perseguitarono sistematicamente la cultura ucraina. Nel 1863 fu infatti il ministro degli interni a emettere il decreto che limitava l'uso della lingua ucraina.
Nonostante ciò, nel corso del XIX si consolidò una distinta coscienza nazionale ucraina, in particolare tra le élite e l'intellighenzia, che provarono a coltivarne la lingua. Quando sorse l’Urss, la cultura ucraina fu attivamente promossa dalla politica leninista della nazionalità, ma Stalin la represse con durezza. Negli anni successivi dell’Unione Sovietica, la lingua ucraina non è mai stata vietata ed è stata insegnata nelle scuole.
“Quando è stata creata l'Unione Sovietica, i territori primordialmente russi che non hanno mai avuto nulla a che fare con l'Ucraina - l'intera regione del Mar Nero e le terre occidentali della Russia - sono stati consegnati all'Ucraina” (discorso del dicembre 2019, conferenza stampa di fine anno). I confini interni dell'Unione Sovietica furono “stabiliti arbitrariamente, senza troppe ragioni” e l’inclusione del bacino del Donec – quella che Putin chiama "Nuova Russia" (Novorossiya), un nome amministrativo durante il periodo dell’impero zarista – nell'Ucraina fu una “pura assurdità” (discorso del gennaio 2016)
Putin è convinto che le regioni sud-orientali dell’Ucraina siano a pieno titolo una parte della Russia che è stata accidentalmente persa e attribuita all’Ucraina negli sconvolgimenti del Novecento. I confini sud-orientali dell'Ucraina storica sono tuttavia difficili da stabilire.
Ai tempi della Rus' di Kiev, il controllo dell’Ucraina meridionale era nel migliore dei casi sporadico e non si arrivò mai fino all’estremo est, che era retto da tribù turche. Durante il dominio polacco-lituano, questi territori erano noti come “campi selvaggi”, una terra di nessuno scarsamente popolata e minacciata di continuo dalle incursioni tartare. Nel Seicento, i cosacchi stabilirono un accenno di controllo su queste regioni, ma l’insediamento vero e proprio non ebbe luogo fino all’Ottocento. Allo stesso modo, anche la composizione etnica rimase molto varia, non a caso i due principali centri del Donbass, Luhansk e Donetsk, furono fondati da industriali britannici con l’ausilio di manodopera specializzata gallese.
Le dichiarazioni di Putin sono dunque sbagliate su due fronti. In primo luogo, nell’Ucraina sud-orientale non c’è stata alcuna significativa presenza russa prima del XIX secolo. In secondo luogo, non è vero che i confini sud-orientali dell’Ucraina sono stati stabiliti “senza alcuna considerazione per la composizione etnica della popolazione”. Il primo censimento sovietico nel 1926, pochi anni dopo la definizione dei confini della repubblicana socialista ucraina, mostrava che in tutti i territori dell'Ucraina orientale, compresi quelli della Repubblica Sovietica del Donec e di Krivoj Rog, che per breve tempo si era dichiarata autonoma e che in larga misura corrisponde con le due attuali repubbliche separatiste, gli ucraini etnici erano di gran lunga più numerosi dei russi etnici. A cambiare il quadro fu la devastazione demografica causata dal genocidio di Stalin e la successiva russificazione della regione.
“Non possiamo lasciare che questi sentimenti nazionalisti siano il fondamento di uno Stato.”
Putin intende delegittimare il governo ucraino come un covo di estremisti di destra recuperando la retorica sovietica della grande guerra patriottica contro la Germania. Sebbene milizie neonaziste, come il battaglione Azov, combattano al fianco dell’esercito ucraino contro i separatisti del Donbass (ma ci sono volontari di estrema destra anche con i ribelli filorussi), la presenza dell’estrema destra nelle istituzioni ucraine è poco rilevante: i dirigenti del partito neonazista Svoboda sono stati rapidamente esclusi dal governo provvisorio dopo la rivolta di piazza Maidan e alle ultime elezioni parlamentari, nel 2019, il partito ha ottenuto appena il 2,15%, eleggendo un solo deputato.
Lo stesso Zelensky è un libertario eletto con una piattaforma anti-nazionalista, il primo presidente ad aver ottenuto consenso sia a est sia a ovest del Paese. Zelensky è soprattutto l’unico capo di Stato ebreo in Europa: suo nonno ha combattuto nell’Armata rossa durante la Seconda guerra mondiale e tre suoi parenti sono stati uccisi nell’Olocausto.
“L’Ucraina è stata ridotta al rango di una colonia con un regime fantoccio.”
Putin sopravvaluta il ruolo dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e dei suoi servizi segreti nell’orientare l’opinione pubblica ucraina. Seppur possa essere oggetto di discussione l’opportunità strategica e geopolitica di attirare il Paese nella sfera di influenza occidentale, ad esempio attraverso la firma di trattati commerciali, come quello che Yanukovich rinnegò nel 2013, o l’ingresso nell’alleanza atlantica, l’atteggiamento filo-europeo dell’Ucraina, in particolare delle sue regioni a ovest del Dnepr, è – come abbiamo visto – radicato nella sua storia, per secoli legata ai destini dell’Europa orientale.
Inoltre, Putin preferisce non vedere che è stata proprio la condotta aggressiva della Russia, negli ultimi anni tesa a negare il diritto dell’Ucraina a esistere come Stato, a spingere ulteriormente il Paese verso l’Europa.
Per approfondire:
Due articoli sulla storia ucraina e sul discorso di Putin - The Washington Post
Una carrellata sulla storia dell’Ucraina da parte dello storico Timothy Snyder
Un fact-checking della London School of Economics
Una contestualizzazione dell’Istituto di studi ucraini a Harvard
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